Ultimamente si fa un gran parlare di Vasco Pratolini, che fu “descrittore” affezionato e partecipe della sua città: Firenze. La recente popolarità di questo autore del ‘900 si deve, purtroppo in buona parte, allo sceneggiato, liberamente tratto da “Le ragazze di San Frediano”, andato in onda poco tempo fa su una delle reti Rai, con esiti non propriamente eccelsi… Peccato, perché di questo scrittore, che i fiorentini e non solo dovrebbero tener da conto per l’eleganza, la sincerità e il pudore della sua prosa, ormai non si parla più, eccetto quando se ne celebra qualche anniversario, come per esempio in occasione del centenario della sua nascita. Uno dei suoi romanzi più famosi, che fu scritto nel 1945, si intitola “Il Quartiere” ed è ambientato in quella parte del centro di Firenze che è proprio il quartiere di Santa Croce, al margine del quale si trova anche la nostra scuola. Qui di seguito viene trascritto il brano di inizio del romanzo dal quale si vuole trarre lo spunto per parlare dell’origine del nome di alcune delle strade che vengono citate. Spero mi si vorrà perdonare di non avere aggiunto la biografia e le opere di Pratolini, ma lo spazio di un post non può essere eccessivo. Si rimanda pertanto ai siti che si possono trovare su internet.
“Noi eravamo contenti del nostro Quartiere. Posto al limite del centro della città, il Quartiere si estendeva fino alle prime case della periferia, là dove cominciava la via Aretina, coi suoi orti e la sua strada ferrata, le prime case borghesi, e i villini. Via Pietrapiana era la strada che tagliava diritto il Quartiere, come sezionandolo fra Santa Croce e l’Arno sulla destra, i Giardini e l’Annunziata sulla sinistra. Ma su questo versante era già un luogo signorile, isolato nel silenzio, gravitante verso San Marco e l’Università, disertato dalla gente popolana che lasciava i figli scavallare sulle proprie strade dai nomi d’angeli, di santi e di mestieri, nomi antichi di famiglie “grasse” del Trecento. Via de’ Malcontenti ne era un’arteria e un monito; via dell’Agnolo la suburra, sulla quale immetteva Borgo Allegri ove in un’età lontana un ‘immagine della Madonna, dipinta da un concittadino immortale, portata in processione, si degnò miracolare in mezzo al popolo, “rallegrandolo”. Panni alle finestre, donne discinte. Ma anche povertà patita con orgoglio, affetti difesi con i denti. Operai, e più propriamente, falegnami, calzolai, maniscalchi, meccanici, mosaicisti. E bettole affumicate e lucenti, caffè novecento.
La strada. Firenze. Quartiere di Santa Croce.”
Borgo Allegri pare essere per Pratolini la strada più interessante. Citiamo, dunque, da una cronaca del Vasari: “Dicesi, ed in certi ricordi di vecchi pittori si legge, che mentre Cimabue la detta tavola (con la Madonna in trono ed Angioli) dipingeva in certi orti appresso Porta San Piero, passò il Re Carlo il vecchio d’Angiò per Firenze, e che fra le molte accoglienze fattegli dagli uomini di questa città, lo condussero a vedere la tavola di Cimabue, e che per non essere ancora stata veduta da nessuno, nel mostrarsi al Re vi concorsero tutti gli uomini e tutte le donne di Firenze, con grandissima festa e con la maggior calca del mondo. Laonde per l’allegrezza che n’ebbero i vicini chiamarono quel luogo Borgo Allegri, il quale col tempo, messo fra le mura della città, ha poi sempre ritenuto il medesimo nome”. Allora cos’è questo miracolo di cui Vasco Pratolini parla ne “Il Quartiere”? In effetti un miracolo in quei luoghi ci fu, nel lontano 1230, ad opera di un vecchio prete di nome Uguccione, che dopo aver celebrato la Santa Messa nella chiesa dedicata a Sant’Ambrogio vescovo di Milano, non asciugò bene il calice e il giorno dopo vi trovò sul fondo del sangue rappreso. In seguito questo sangue fu raccolto in di un’ampolla di cristallo e custodito in un tabernacolo in marmo opera di Mino da Fiesole (1481-83). Infine il nome della strada potrebbe avere origine dalla famiglia degli Allegri, giunti a Firenze, provenienti dal Mugello, intorno al 1300.
Mentre si hanno poche informazioni sull’origine del nome per via Pietrapiana, a parte sapere che effettivamente c’era una pietra, ma non perché si chiamasse “piana”, disponiamo di più notizie in merito a via de’ Malcontenti. “Malcontenti” erano coloro che passavano lungo questa strada, a quei tempi chiamata via della Giustizia, per essere condotti al patibolo posto fuori della Porta alla Giustizia, all’incrocio con l’odierna via Tripoli, ed essere consegnati nelle mani del boia. Durante il percorso venivano accompagnati dai familiari in lacrime e dalle offese e dalle percosse della gente. “Malcontenti” erano anche i ricoverati dei due ospedali che sorgevano nella strada: uno, a destra, l’Ospedale di Sant’Onofrio fatto costruire dall’Arte dei Tintori, riservato agli iscritti infermi e ai loro orfani; l’altro, a sinistra, l’Ospedale di San Sebastiano o Bastiano degli Ammorbati, per i colpiti dalla peste.
Infine via dell’Agnolo, che trae il suo nome da un piccolo oratorio dedicato a San Michele delle Paci. Michele è l’Arcangelo per eccellenza, o l’Agnolo come viene detto a Firenze (perché non ricordare, allora, che il Buonarroti era chiamato Michelagnolo, anziché Michelangelo?). A proposito di via dell’Agnolo, mia madre è solita ripetere una filastrocca, che trascriverò qui, con la preghiera di prenderla solo per quello che è e di divertirsi a leggerla quale miglior modo per terminare questo post:
“In via dell’Agnolo
c’è un pizzicagnolo
che aveva un frignolo
sul dito mignolo.”
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