Quando si parla della Sardegna si pensa soprattutto al suo mare e alle sue spiagge e in effetti è superfluo dire quanto siano impressionantemente belli, in particolar modo sul versante orientale dell’isola, con il colore rosso delle rocce e il verde dei pini che si stagliano contro il cielo e l’acqua di un blu limpidissimo. Questa però è la Sardegna più turistica, quella che viene assaltata da milioni di villeggianti durante l’estate e quella che ne esce impoverita, derubata e offesa. Se, invece di guardare solo al mare pensando alla tintarella si sceglie di visitare l’interno, questa regione ci riserva interessantissime escursioni.
Lo scorso settembre, mentre trascorrevo una vacanza in provincia di Nuoro, più esattamente vicino a Orosei, ne ho approfittato per fare un giro e conoscere un po’ della Barbagia. Il primo paese che ho visitato è Galtellì (Garteddi in sardo), l’antica Galte narrata dalla scrittrice sarda Grazia Deledda, premio Nobel per la Letteratura nel 1926, nel suo romanzo “Le canne al vento”. Galtellì è sovrastato da un imponente masso, il Monte Tuttavista, e possiede due interessanti chiese: la cattedrale romanica di San Pietro, molto suggestiva, e la chiesa Parrocchiale, che custodisce al suo interno un Crocifisso ligneo del 1300, cui sono attribuiti miracoli ed è meta di pellegrinaggi da tutta l’isola e oltre.
Caratteristica di questo e di altri paesi della Sardegna, sono le stradine che ne percorrono il centro: strette, ripide e pavimentate di ciottoli. Stradine così si ritrovano ad Oliena, famosissimo centro della Barbagia o più esattamente del Supramonte, incredibile catena montuosa di rocce simile alle Dolomiti, che sovrasta alcuni dei più famosi paesi della Sardegna. Famosi come custodi di tradizioni antiche e come regno del banditismo sardo. Famosi anche perché all’interno di una zona vocata alla produzione di uno dei migliori vini italiani: il Cannonau.
Forse il paese più famoso e interessante è Orgosolo: apertosi di recente al turismo, fino a qualche tempo fa era considerato il simbolo dell’anima sarda chiusa e diffidente verso le istituzioni, rappresentate in forza da polizia e carabinieri. A me è capitato di visitare questa località e di incontrare un simpatico signore che non solo ha fatto da guida a me e al mio gruppo, raccontandoci nei particolari quello che ha portato il nome di Orgosolo per il mondo e cioè l’arte dei murales, ma ci ha anche offerto da bere! Grandioso!
I murales sono una forma di arte semplice che ancora oggi viene usata per raccontare la vita quotidiana, fatta di desideri e sofferenza, le battaglie dei contadini e dei pastori, il sogno di indipendenza da uno Stato lontano e oppressore. Uno dei maggiori esponenti di questa arte è Francesco Del Casino, un orgolese nato però a Siena (e forse anche questo può spiegare quella sorta di fratellanza che unisce la Sardegna e la Toscana) che ha avuto l’onore di dipingere il drappellone per il Palio del 2 luglio 2003.
Un itinerario così non porta via più di una giornata e può essere ripetuto più e più volte, magari ampliandolo con visite a Dorgali, alla grotta di Ispinigoli o alla sorgente di Su Gologone.
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