Delle opere di Maurizio Bentivegna colpisce un insolito dualismo che si manifesta sotto varie forme: si percepisce, infatti, sia l’assenza di spazio e al contempo lo studio attento dei corpi nello spazio, sia i burattini e le bambole, esseri inanimati, e, nonostante ciò, caratterizzati da volti di una drammatica intensità, da sguardi assurdamente vitali. Nelle sue opere si accalcano, si aggrovigliano e si accavallano le bambole, i pupi e i pinocchi senza trovare sosta, senza trovare soluzione di continuità a un moto beffardo talora impresso dai fili invisibili del teatro, talora dal disperato desiderio di trovare la posizione giusta, il giusto spazio, la giusta pace. I volumi studiati a seconda della consistenza del diverso materiale che costituisce i balocchi dei bambini contribuiscono, grazie agli effetti di luce, a creare contrasti ancora più esasperati: la gomma e la plastica che allargano e conferiscono forme più tondeggianti agli arti, il legno che irrigidisce i movimenti e li rende ancora più obbligati, la stoffa e le imbottiture che attutiscono le azioni e le reazioni del movimento sul corpo contrastandole o, persino, vanificandole. Ma c’è qualcosa di irrequieto nei pinocchi dall’espressione immutabilmente serena all’apparenza eppure dallo sguardo così vigile, nelle bambole dal volto immobile, vivificate, tuttavia, dal balenio della pupilla nella cornea bianca. C’è qualcosa che tradisce il desiderio di riscattarsi dalla condizione di burattino, di gioco per bambini dimenticato all’interno di un baule insieme a molti altri, in un disordine insensato, come quello dei ricordi dell’infanzia.
Maurizio Bentivegna è pittore e insegnante di arte all’Accademia del Giglio e fa parte dello staff della scuola.
[…] esporrà alcuni scatti in bianco e nero. Una presentazione di Bentivegna si trova già sul nostro blog, mentre per la biografia si rimanda al suo […]