Se vi trovate a Bruxelles, allora non mancate di visitare i Musées royaux des Beaux-Arts. Una collezione immensa, che spazia dall’arte medievale a quella contemporanea, dove potrete trovare opere tanto di Bruegel il Vecchio, quanto di Dan Flavin.
Di tutti i capolavori presenti, uno è rimasto impresso nella mia memoria per un insieme di fattori: Marte disarmato da Venere e le Grazie. Ultima opera monumentale di un artista complesso e chiacchierato dai suoi contemporanei quale fu Jacques-Louis David, finito a Bruxelles in esilio forzato per le sue scelte politiche e per il suo carattere non incline ai compromessi.
David ebbe varie fasi, dal giacobinismo alla sfrenata simpatia per Napoleone e l’imperialismo, fino alla “pace” dell’esilio, in cui riscoprì il Piacere, almeno in chiave iconografica.
Terminato nel 1824, un anno prima della morte dell’artista ormai 76enne, Marte disarmato da Venere e le Grazie appare come una forma di implicito testamento o comunque di liberazione da quegli ideali politici e moralizzanti che avevano accompagnato da sempre il percorso artistico ed umano di David: Marte, abbandonato mollemente su una chaise longue di gusto classico, si fa disarmare dalle Grazie ed incoronare da Venere che gli si offre con fare seducente. Un’ultima indecisione alla sua resa definitiva è sottolineata dalla lancia che il dio della guerra tiene nella mano destra e da quella nuvoletta che aleggia sulla sua testa, quasi a rappresentare i suoi pensieri ancora confusi.
David mutua perfino il cromatismo più dolce dei fiamminghi, conferendo un aspetto etereo all’insieme, così distante dall’equilibrio e dalla nettezza del Giuramento degli Orazi o dalla concitazione e dalla complessità della costruzione del Ratto delle Sabine. L’artista appare dunque come un uomo nuovo che decide di abbassare le armi a favore dell’amore. Di Eros e delle sue voluttà.
Proprio il dio dell’Amore, che reclama con lo sguardo sornione la complicità dello spettatore, è ritratto ai piedi di Marte, intento a slacciarne i calzari così che l’abbandono del guerriero alle cure di quelle figure femminili tanto sensuali sia completo. Infine, sebbene l’analisi anatomica dei soggetti sia sempre dettagliata ed improntata ad evidenziarne la prestanza fisica, perfino Marte ci appare “morbido”, vellutato nella sua muscolatura.
Trovarsi a pochi metri da tale capolavoro può risultare un’esperienza estremamente toccante; le dimensioni notevoli (3 x 2,65 metri) aiutano la suggestione, incentivata dagli oculati museografi che hanno continuato quell’Olimpo ideale per tutta la sala, dipingendola di azzurro cielo. Inoltre il bel lucernario che si apre sul soffitto permette alla luce naturale di “baciare” teneramente il quadro, conferendogli un’aura quasi spirituale. Sublime per gli occhi. Sublime per il cuore.
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