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Si è tenuto a Firenze lo scorso sabato il XX Convegno Nazionale ILSA dal titolo “Grammatica e apprendimento dell’italiano L2”. Come si insegna o si dovrebbe insegnare la grammatica a studenti stranieri? Qual è lo stato dell’arte nella didattica? Quali sono le nuove metodologie in materia? Queste erano alcune delle domande alle quali, a detta di chi scrive, si doveva cercare di dare risposta in tale convegno. Siamo tutti consapevoli di quanto l’argomento sia vasto; ciò nonostante, a mio parere, i vari interventi dei relatori non hanno affrontato chiaramente le problematiche inerenti la grammatica e l’apprendimento dell’italiano L2. Insomma è stato un po’ come quando si sceglie un film basandosi sul titolo e poi si scopre che la pellicola parla di tutt’altro.
Ma veniamo al resoconto del convegno: dopo l’introduzione del professor Maggini, il quale ha sottolineato come lo stesso quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue assegni un ruolo importante all’apprendimento della grammatica, il professor Sabatini ha esposto i vantaggi dell’insegnamento della grammatica valenziale. Direi senz’ombra di dubbio che il professore ci ha convinti tutti su tali vantaggi (forse vi convincerete anche voi se guardate il video qui sopra, che corrisponde a una buona parte del suo intervento al convegno); peccato però che il metodo della grammatica valenziale risulti efficace soprattutto con studenti L1. Il professore Sabatini ci ha fatto comunque riflettere sulla necessità di insegnare grammatica, senza la quale non saremmo in grado di fissare nozioni elaborate o produrre e capire testi complessi. Il professore ha inoltre evidenziato l’importanza della rappresentabilità figurata della grammatica valenziale, il cui pregio sarebbe quello di svelare gradualmente agli studenti la struttura e i meccanismi di un enunciato tramite uno schema visivo al cui centro sta il verbo (e non il nome, come nell’insegnamento della grammatica tradizionale).
Dopo il professor Sabatini è stata poi la volta della professoressa Lo Duca, la quale, presentando i risultati delle prove di grammatica Invalsi per la scuola primaria e secondaria, ci ha mostrato come gli studenti migranti di prima generazione (nati all’estero da genitori stranieri) e di seconda (nati in Italia da genitori stranieri) abbiano in genere maggiori problemi di apprendimento della grammatica, il che non sorprende affatto. Sorprende magari di più venire a sapere che anche molti allievi autoctoni non brillino nelle prestazioni grammaticali (è di oggi la notizia che il 70% degli italiani non padroneggiano la propria lingua). La professoressa non ha azzardato ipotesi sul perché di quest’ultimo fenomeno. Vero è che le prove Invalsi risultano talvolta, a torto o a ragione, insidiose, con comandi poco chiari, senza esempi che possano aiutare il discente (L1 o L2) a svolgere correttamente il test.
Il professor Savoia ha poi brevemente esposto gli aspetti teorici dell’acquisizione linguistica, partendo dal problema della proiezione, ovvero di “come si realizza il passaggio dai dati esterni al sistema che abbina suoni e significati. Impossibile riassumere in poche righe il complesso intervento del professore, il cui merito secondo me è stato quello di sottolineare l’esistenza di una facoltà innata per il linguaggio nella mente/cervello degli esseri umani, quella che Chomsky definisce “l’uniformità della dotazione iniziale”. Tutto molto interessante, direi anche stimolante per chi vuole approfondire certi argomenti, ma senza dubbio poco pertinente col titolo del convegno.
Infine l’ultimo intervento della mattinata è stato quello del professor Palermo, che ha parlato della differenza tra grammatica di carta (quella che si studia a scuola per intendersi) e grammatica spontanea dell’apprendente, il quale elabora autonomamente strategie di apprendimento, costruendosi così la sua interlingua, grazie anche a errori di omissione (esempio: “io mangiato bene”) o sovraestensione (“questo problemo è difficilo”). Il professor Palermo ha poi spiegato quali dovrebbero essere i compiti del docente nell’insegnamento della grammatica; ad esempio ordinare, velocizzare, ridurre i tempi dell’apprendimento, ma soprattutto privilegiare un metodo induttivo attraverso cui il discente arriva da solo a elaborare una regola e a memorizzarla più facilmente.
Anche quest’anno purtroppo non c’è stato tempo per una discussione visto che tutti i relatori hanno sforato i tempi e quindi nessuno ha potuto fare domande o chiedere chiarimenti. Una mancanza non da poco per un convegno.
Molto interessante è stato infine il laboratorio pomeridiano della professoressa Fiorenza Quercioli “l’acquisizione dell’aspetto verbale in apprendenti angloamericani”, a cui il sottoscritto ha deciso di partecipare. La professoressa ci ha dapprima spiegato quanto possa risultare efficace nella didattica dell’italiano L2 l’utilizzo della narrazione, la quale, non solo incoraggia l’uso o la comprensione di certe regole grammaticali, ma amplia il lessico, senza l’acquisizione del quale l’apprendente non progredisce. Inoltre, secondo la professoressa, i docenti dovrebbero prestare maggiore attenzione all’aspetto del verbo, ovvero a come il narrante vede l’azione a seconda del contesto (ad esempio aspetto perfettivo, “ho mangiato perché avevo fame” e imperfettivo, “mangiavo ogni giorno riso quando ero in Cina”). Spesso infatti gli insegnanti curano solo la temporalità (cioè la concordanza dei tempi) e l’azionalità (cioè il significato) del verbo, a discapito dell’aspetto, il quale però può essere acquisito dal discente attraverso la narrazione di eventi. In pratica, come un bambino piccolo, il discente adulto impara una lingua e costruisce la sua grammatica ascoltando e raccontando storie. O almeno così dovrebbe essere. Chi non ascolta, chi non racconta, non impara. Elementare Watson.
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