Ce ne stavamo nella resede della Galleria B4 di Bologna, dove si trova un gazebo vagamente in stile Art Nouveau, decorato da tre strisce di plastica trasparenti, (la plasticaccia che diventa sporca dopo poco e non si pulisce, diceva Luigi più tardi), dipinte con simboli e segni blu, rosso e nero e con Blanco, Falciani e altri amici si diceva:
“Non è una mostra semplice, non è immediatamente leggibile”
“Si sente che c’è un pensiero dietro!”
“Son le mostre che hanno più successo, molto meglio che mettere davanti allo spettatore un po’ di quadri in fila, facili facili, qui invece ci si deve sforzare.”
“Lo spettatore deve fare congetture, collegamenti, associazioni e in questo modo si sente intelligente. ”
Poiché più che critico d’arte, mi sento spettatore, anch’io ho fatto le mie congetture, collegamenti e associazioni di idee, aiutato dai commenti degli altri, dai discorsi colti con l’orecchio sinistro mentre guardavo a destra. Regola d’oro: non chiedere mai all’artista, perché 1) si potrebbe risentire, 2) se fai una domanda stupida, fai una figuraccia.
Evoluzione capitale dei sogni di Giovanni Blanco e Francesco Falciani si presta a tutto questo. La chiave di lettura è esplicita e dichiarata dai tre ritratti che si trovano nella prima sala: quello di Darwin (Charles), di Marx (Karl) e Freud (Sigmund). Il titolo della mostra corrisponde ai rispettivi titoli dei tre libri fondamentali di questi ingombranti personaggi che hanno segnato il pensiero dei due secoli scorsi. In questa mostra non si tratta né di celebrarli, né di distruggerli, ma come dice Carlo Falciani nella presentazione della mostra: “riconoscendo il valore fondativo di questi tre pensieri e rintracciando la loro presenza nello scheletro del nostro presente, abbiamo avviato una riflessione poetica non sul valore iconico di tali strutture sistematiche, né sulla loro attualizzazione, preferendo invece seguire le indicazioni riguardo la produzione di opere figurative.”
Detto questo, basta lasciarsi prendere dal gioco, seguire le associazioni più o meno automatiche, le intuizioni argute o fortuite e sentirsi intelligenti. In un allestimento più da quadreria che da galleria, fotografie e dipinti si alternano alle pareti, a volte rendendosi quasi indistinguibili come in Corsica e Galapagos o nei quadretti da collezione entomologica e botanica che rappresentano insetti e aracnidi o il cactus fiorito. Freud con il volto deformato dal bianco, o forse dalle sue stesse terapie, se ne sta in alto, piccolino su una parete e guarda in basso, di traverso, chi sta osservando il mare delle Galapagos: inquietante come un dio, sempre lì pronto a puntare il dito o il suo sigaro verso le ubique pulsioni sessuali degli spettatori. Marx e Darwin sono sulla parete opposta, indecisi se scomparire negli sfondi neroveneziano/tardo rinascimentale (ma anche umidissima Bologna by night) e ferro consunto/arrugginito dalle intemperie, o tornare e cercare di regnare combattendo contro gli dèi del presente. Ci sono anche due quadretti, una conchiglia e una poltrona, e lì per lì, nella furia di comprendere ho contravvenuto alla regola d’oro: ho chiesto a Blanco che ci facesse una conchiglia e il risultato è stata una risposta di tipo 2) a domanda stupida corrisponde figuraccia! (ma non si è risentito, non sembra il tipo).
Nel passaggio dalla prima stanza alla seconda si trova un intervento a china su quattro fotografie in bianco e nero: il Manifesto del Partito Comunista riscritto, senza alcuna retorica militanza, sulle foglie delle piante del giardino di Falciani. Di fronte altri due interventi pittorici su foto; accanto strutture architettoniche vuote (i loculi di un cimitero), edifici iniziati e non finiti o mai usati, gli stessi che si ripetono nei sei lavori fatti a quattro mani, dove si incrociano le voci postume di Marx, Darwin e Freud, intitolati Registri: dipinti di Blanco e fotografie di Falciani, associati in modo “quasi automatico” a citazioni dei tre personaggi in questione (“Non avete idea di come sia difficile estrapolare una citazione da Marx”).
Infine siamo di nuovo nella resede, al gazebo quasi Art déco, ma riplastificato. Violatori imperterriti della regola d’oro si radunano a fumare, bere e domandare, e gli artisti, oltremodo pazienti, rispondono:
“Perché non Jung? Perché Freud viene prima. Non è una scelta di merito.”
“La poltrona? È quella su cui si siede il paziente, no?”
“La conchiglia, eravamo indecisi se metterla, ma fa parte del mondo di Darwin, è un soprammobile, potrebbe stare nello studio di uno di loro.”
“No, non c’è alcun intento storico. È un modo per provare a leggere il caotico presente.”
“Ma lo sai che questa, prima di diventare galleria d’arte, era lo studio di Giorgio Celli?”
Sarà un caso? Non sembrerebbe proprio.
Immagini dell’inaugurazione della mostra sono visibili sul nostro profilo Facebook.
La mostra resta aperta fino all’8 marzo 2012 ed è visitabile dal martedì al sabato, dalle 17 alle 20.
Galleria B4, Via Vinazzetti 4/b (zona universitaria)
Info: Federica Rotelli 328-5936214.
federicarotelli@libero.it
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