In alcuni racconti di Gianni Rodari il filobus numero 75 è il protagonista di improvvise deviazioni dall’itinerario prestabilito, quando, in occasione dell’arrivo della primavera, trasforma i desideri inconsci di libertà comuni a tutti i passeggeri in divertenti fughe dalla città verso la campagna alla riscoperta della natura. Nel racconto che abbiamo scelto e che viene presentato diviso in tre parti, il narratore esordisce con i versi di una canzone degli alpini intitolata E col cifolo del vapore (cifolo nel dialetto veneto significa fischio), che potete ascoltare qui nella sua versione sinfonica mentre leggete il testo che vi diamo di seguito:
E col cifolo del vapore la partenza de lo mio amore. L’è la partenza de lo mio amore, chissà quando ritornerà. Tornerò ‘sta primavera con la sciabola insanguinata. Ma se ti trovo già maritata, ohi che pena ohi che dolor. Ohi che pena ohi che dolore, la partenza de lo mio amore. Starò piuttosto senza mangiare, ma l’amore lo voglio far.
IL FILOBUS N. 75 di Gianni Rodari
«Tornerò di prima primavera/ con la sciabola insanguinata/ e se ti trovo già maritata (1)/ o che pena o che dolor…» Mi domando perché la vecchia, bizzarra canzone popolare mi stia tormentando con tanta insistenza fin dal momento in cui preparavo il rasoio per la barba, e con tanta fastidiosa impertinenza (2) adesso, mentre ben provvisto di giornali monto sul filobus numero 75 per andare in ufficio. Sono sul punto di mettermi a canticchiarla a bassa voce, come per dar sfogo (3) a una segreta gioia, mentre al contrario il cielo sa che piega tormentosa stiano prendendo i miei pensieri. Andare in ufficio, in una giornata soave, questo sole dolce, questo cielo tentatore, è un delitto contro natura, un peccato mortale, un oltraggio (4) alla primavera. Bisognerebbe essere processati, per questo, e condannati a pene severissime.
Leggo la stessa sorda irritazione nei volti aggrondati (5) dei miei compagni di filobus, pigiati come ergastolani (6) in un cellulare (7), la sento nella accresciuta rudezza delle spinte e delle gomitate, nelle disposizione al litigio che riveliamo ad ogni fermata, ad ogni scossa più brusca della corsa. E finalmente capisco che la canzonetta aveva un suo scopo, era sbucata (8) fuori da qualche angolo polveroso della memoria soltanto per ossessionarmi con quelle parole «prima primavera», e «o che pena o che dolor», che potrebbero essere scritte sulla targa del filobus invece dell’itinerario: Monteverde Vecchio, piazza Sonnino, Ponte Garibaldi, via Arenula, piazza Argentina. La «sciabola insanguinata» è un di più o forse è un simbolo di oscura ribellione. O del castigo (9) che ci spetterebbe per la facilità con cui perpetriamo (10) il nostro tradimento verso la primavera e ci andiamo a infilare in archivi, ministeri, studi commerciali e legali, magazzini di tessuti e laboratori chimici.
Un giovane prete, tedesco o americano, certo allievo di uno dei tanti seminari internazionali di Roma, siede tranquillo e modesto, col capo biondo semirasato curvo su un bellissimo breviario (11) in pelle, dal taglio dorato. Siamo in dieci a guardarlo con aria di rimprovero, compresa una vecchia signorina (segretaria di un avvocato? insegnante di storia?) a cui il giovinetto dovrebbe cedere il posto. Ma lui si acquista meriti e indulgenze (12), spostando le delicate pagine con segnalibri azzurri, gialli, rossi.
Sul Ponte Garibaldi c’è un ingorgo del traffico. Il cielo e il sole, adesso, mentre siamo fermi, ci bombardano di luce calda e struggente (13), la pena si fa insopportabile. Alle mie spalle sospira un funzionario statale, e nel silenzio il suo sospiro sembra un singhiozzo (14). Anche il seminarista leva gli occhi dal suo salmo e guarda fuori dai vetri, guarda giù nel Tevere, dove ci si aspetta da un momento all’altro di vedere un nuotatore emergere allegro dall’acqua d’argento fuso (15) e salutarci con un braccio abbronzato.
Ecco l’esercizio che dovete fare: le parole in neretto trovano un loro possibile sinonimo nei termini che seguono e che sono riportati in ordine alfabetico e ove possibile, se nomi o aggettivi, alla forma singolare maschile (per complicarvi un po’ la vita…), se verbi, all’infinito ; a voi accoppiarli correttamente.
a) accigliato;
b) benevolenza;
c) carcerato;
d) commettere;
e) commovente;
f) furgone carcerario;
g) insolenza;
h) ingiuria;
i) liquefatto;
l) punizione;
m) scatenare;
n) singulto;
o) sposato;
p) spuntato;
q) vangelo
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